“Questa è la casa che Jack costruì.
Questo è l’orzo, che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il topo, che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il gatto, che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il cane, che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questa è la mucca dal corno piegato,
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questa è la fanciulla dal cuor disperato
che munse la mucca dal corno piegato
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è l’uomo lacero e stracciato
che baciò la fanciulla dal cuor disperato
che munse la mucca dal corno piegato
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il prete tosato e sbarbato
che sposò l’uomo lacero e stracciato
che baciò la fanciulla dal cuor disperato
che munse la mucca dal corno piegato
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il gallo col collo tirato,
che svegliò il prete tosato e sbarbato
che sposò l’uomo lacero e stracciato
che baciò la fanciulla dal cuor disperato
che munse la mucca dal corno piegato
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì.
Questo è il villano col grano dorato
che tenne il gallo col collo tirato,
che svegliò il prete tosato e sbarbato
che sposò l’uomo lacero e stracciato
che baciò la fanciulla dal cuor disperato
che munse la mucca dal corno piegato
che incornò il cane
che morse il gatto
che uccise il topo
che mangiò l’orzo,
che sta nella casa che Jack costruì”
(“La casa che Jack costruì”, vecchia filastrocca anglosassone).
La leggenda narra che Lars von Trier girò “Antichrist” con una copia dell’Anticristo di Nietzsche costanemente sotto braccio ed il risultato fu uno dei suoi film più personali ed oscuri; 13 anni dopo la matrice letteraria che fa da ispirazione al regista danese per il suo nuovo film è la “Divina commedia” di Dante Alighieri, ma il grande filosofo Nietzsche ancora aleggia nella mente di Trier, tanto che “La casa di Jack” è una specie di Divina commedia scritta per l’appunto da Nietzsche.
Se “Antichrist” è la sua opera più intima, “La casa di Jack” è un vero e proprio film autobiografico.
Jack, il serial killer protagonista del film è Lars von Trier, gli omicidi che compie sono i suoi film e le donne che uccide sono le attrici che ha diretto, il tutto ambientato a Washington (doveva essere proprio Washington il titolo della parte conclusiva della trilogia sull’America iniziata con “Dogville” e proseguita con “Manderlay”, trilogia mai conclusa ma idealmente portata a termine con “La casa di Jack”).
Come sempre Trier suddivide il film in capitoli, per la precisione 5;
5 capitoli, 5 incidenti, 5 omicidi, 5 atti che confermano la capacità di Lars von Trier di essere il terrorista dei generi cinematografici per eccellenza.
Dopo aver rielaborato a modo suo il musical in “Dancer in the dark”, l’horror in “Antichrist”, la fantascienza in “Melancholia” ed il porno in “Nymph()maniac”, con “La casa di Jack” è la volta del thriller ma da iconoclasta dei classici topoi cinematografici Trier fa a pezzi tutte le convenzioni del genere.
“The house that Jack built” è un viaggio dantesco all’interno della mente di Jack, dentro le sue manie compulsive ossessive ed il suo istinto omicida; viviseziona il suo narcisismo esasperato ed il perfezionismo asfissiante misto alla genialità che mette nella costruzione degli omicidi che devono essere vere e proprie opere d’arte, e a mano a mano che i minuti scorrono il personaggio di Jack si fa l’allegoria dell’America (paese in cui il regista danese non ha mai messo piede).
Una nazione fondata sull’assassinio, un paese nato e costruito sui cadaveri degli Indios, un luogo che ha generato i più grandi ed efferati serial killer della storia, dove vi è un corposo commercio di armi da fuoco e dove in alcuni stati vige ancora la pena di morte.
La violenza che genera altra violenza, Jack ed i suoi impulsi omicidi, il piacere che sente dopo aver tolto una vita ed il dolore che avverte pungente quando deve uccidere di nuovo, male che non si placa sino a quando non compirà un nuovo delitto, il povero Jack vive nell’inferno che è l’esistenza su questa terra, vaga in un mondo fondato sull’indifferenza, sulla stupidità, dove le grida di aiuto rimangono inascoltate, dove sceglie le donne come vittime e protagoniste assolute degli elaborati omicidi perchè sono più collaborative, mentre gli uomini sono semplice carne da macello da eliminare in gruppo.
Jack/Trier con i suoi omicidi/film rende macroscopiche le piccolezze umane: l’avidità, la stupidità, l’incapacità di certe donne di liberarsi del maschio alpha che le sottomette anche solo verbalmente, la brutalità insita nel DNA degli esseri umani, la voglia di sopraffazione che ha governato le gesta di svariati personaggi storici e Lars von Trier tramite i dialoghi incessanti tra il suo protagonista ed un misterioso uomo dal nome Verge fa interagire costantemente la razionalità con l’irrazionalità, la bellezza dell’arte e della poesia con le gesta brutali dei più grandi dittatori della storia (creatori comunque di icone), paragona gli uomini agli animali, evidenzia l’egoismo allucinante di tutti noi e crea così un’abnorme commedia morale.
Un film girato da un uomo depresso ma lucidissimo, un provocatore che utilizza le sue provocazioni per introdurre il caos in quell’ordine fittizzio stabilito dalla società borghese.
Trier è il bisturi che recide il nervo, è il lato becero di tutti noi, è la rappresentazione estetizzante, visivamente quasi lachapelliana del viaggio infernale che compiamo su questa terra, inferno terreno ma anche ultraterreno che non si placa nemmeno dopo la morte perchè siamo anime dannate per sempre, povere creature generate da quel male assoluto che cerchiamo costantemente di esorcizzare e di dimenticare.
Il mondo è fottuto e Jack/Trier ci ricorda che siamo nella merda sino al collo.
Con la solita mobilità anarchica della macchina da presa, con l’alternarsi di vari formati cinematografici e facendo a brandelli quello che il pubblico medio si aspetta da un thriller, il regista danese mette alle strette lo spettatore giocando ad infrangere i dogmi moralistici che rendono una cosa rappresentabile ed un’altra no , realizzando così un film puntellato da squarci di ironia spiazzante, da aperture pulp e splatter ma anche da coltissime e didascaliche disquisizioni culturali sorprendentemente pertinenti seppur apparentemente distanti dalla narrazione principale.
Tra riflessioni metacinematografiche ed autocitazioni “La casa di Jack” è il film summa di Trier, il suo testamento artistico, è il suicidio cinematografico di uno dei più grandi registi della storia del cinema, ma con Trier tutto è possibile, anche che resusciti in una nuova sconvolgente opera.
“Mi piace uccidere le persone, è così divertente. È più divertente che uccidere la selvaggina nella foresta perchè l”uomo è l’animale più pericoloso di tutti”.
(Il serial killer Zodiac)