Il noir visto da Guillermo Del Toro
Torna quasi 60 anni dopo al cinema il noir Nightmare Alley – La Fiera delle Illusioni, che come anticipa il titolo contiene tout court gran parte del geniale campionario a disposizione di Guillermo Del Toro, utopista visionario se ce ne è uno e abile story teller di racconti surreali e sognanti, che partono dal fiabesco fino ad arrivare all’horror, decorandoli al proprio interno di magia, spiritismo, sperimentazione e soprattutto tantissima fantasia: sarà così anche in questa occasione, grazie ad una visuale immaginaria e all’estro e cinismo della sua penna pungente!
Ed ecco che il romanzo di Gresham del 1947, thriller e noir fatalista, si trasforma in un lunghissimo e lungimirante viaggio attraverso l’indole macabra e viziosa dell’essere umano, percorrendo nel suo cammino il tentativo di trasformare vizi (molti) in virtù (pochi), lasciandosi volutamente accompagnare da ira, lussuria, avarizia e superbia con progressiva continuità, iniziando oniricamente con un incendio, per ripulire a mo’ di fiamme sfolgoranti le malefatte dell’animo, e concludendosi poi con lacrime peccaminose di chi è arrivato a fine corsa e non ha più possibilità di redenzione.
Il poliedrico Stanton Carlisle, mentalista ricco di ambizioni e aspirazioni ma infine sciagurato underdog, viene assunto in un luna park dove fa conoscenza della chiaroveggente Zeena e suo marito Pete, una volta illusionista ma oggi alcolizzato. Proverà a mettere in moto le proprie abilità, contornandosi prima di scellerate anime da traviare, disperse e a caccia di riscatto, e tentando successivamente di fare soldi alle spalle dell’alta società, con l’aiuto della fedele Molly e di una spettatrice psichiatra nonchè futura femme fatale.
Bradley Cooper fa le brillanti veci del Tyrone Power fine anni 40, assecondato da un mastodontico cast corale, nel quale oltre alla conferma di Richard Jenkins e del da sempre sodale Ron Perlman, si uniscono superstar del calibro di Cate Blanchett, Toni Collette, Willem Dafoe, David Strathairn e Rooney Mara, isolata figura leale e ingenua, manco a dirlo da questa collaborazione eccitati e ispirati dall’inizio alla fine.
Il vestiario d’epoca a loro disposizione è una delle primizie della pellicola, grazie a dei costumi perfetti per accoppiare la scura lucentezza di trame dark e fotografie noir alla creatività illusionistica che permane nell’aria e viene riflessa da allestimenti scenografici spettacolari, sia per realismo che magia!
Il racconto accentua i successi spirituali ad ogni costo, assiomi diabolici per chiunque voglia conquistare la Terra dei Sogni e ridondanti sensi di colpa allorquando strade senza uscita si fanno di fronte e bisogna espiare le pene!
Poco importa se l’azione si svolga nel decadente e discendente spazio rurale del circo ambulante o nelle sfarzose e facoltose location newyorchesi dove spolpare le proprie vittime, oppure se abitati da vestiti chic e raffinati o miseri e cadenti, ciò che capeggia l’azione è l’introspettivo e costante vuoto morale che scorta Stanton e soci nello sprofondo!
Del Toro entra a gamba tesa in un mondo corrotto e immorale, sfruttando abbigliamento, arti decorative, oggetti e personaggi allegorici che l’opera originale gli consente di approfondire, come fili di perla, cappelli Fedora, mantelli e gonne total black, calze a righe, camice in seta, giostre, metanolo, uomini bestia, neonati a tre occhi, Freud, oppio e tarocchi, espedienti attorno ai quali le differenti e sporche coscienze manipolatrici dei commensali a tavola avranno a che fare sotto forma di truffe, fascino magnetico, sensualità, psicanalisi ed empatia.
Il cineasta messicano ripropone perfettamente l’ascesa e caduta dell’uomo arrivista, schiavo dei drammi passati e animato da egoismo dispotico e irrefrenabile, capace di tutto pur di raggiungere l’apice della grandezza, perfino a sfidare le infernali tenebre del diavolo!