Un’amicizia al crepuscolo, fra tradizione e folklore
Meravigliosa commedia nera tinta di natura verde di Martin McDonagh, in concorso dapprima a Venezia e pronta a vincere premi e riconoscenze nella terra a stelle strisce.
Un’amicizia solida e trentennale, vissuta dentro l’immaginaria isola di Inisherin, sta per giungere al termine in concomitanza con l’epilogo della Guerra Civile irlandese. E’ qui dentro che il regista fa lavorare ed esplodere gli animi Irish trattenuti a stento all’interno di spiriti spenti e annoiati da una vita deprimente.
Una routine fatta di pascoli, paesaggi aperti e vallate immense dentro le quali perdere il proprio io, buttato via per le paure di un conflitto sinistro che non ha mai cessato di desistere, per poi divagare un’allegria di facciata fra pinte, alcool e folk irlandese.
In tutto ciò il regista innalza la sua stratosferica classe abbattendo le resistenze umorali dello spettatore, costantemente divertito fra sketch a base di slang locali ma progressivamente triste e commosso per quel che sta accadendo; una magica lezione di cinema semplice ma maturo e crepuscolare.
Colin Farrell e Brendan Gleeson bucano lo schermo come non mai, ottenendo la benedizione e maturità recitativa il primo e performando il lifetime rule l’altro; coppia che più azzeccata non poteva essere, riproposta e ritrovatasi dopo i successi di In Bruges, la coscienza dell’Assassino!
Sono loro Padraic e Colm, goffo ma felice l’uno e “adattato” ma colto e saturo di una vita apatica il secondo, coppia vicina alla deflagrazione come qualsiasi marito e moglie dopo anni di sopportazione.
Qui però, ed è un inedito, la pellicola fa riaffiorare dei sentimenti spesso reconditi e mai sviluppati, forse perché la genesi di un’amicizia sembra avere delle sfaccettature comuni e semplicistiche, quando invece in alcuni territori è linfa esistenziale per vivere in pace.
L’allegorica isola perciò accomuna questi spiriti assolutamente popolari e prevalenti ma anche rari e privati, che nessuno degli abitanti ha il coraggio di mettere in discussione, per un senso astratto di pigrizia e soprattutto paura, la paura di cambiamento e rivoluzione.
Sta qui, fra tutte le splendide suggestioni di questo lungometraggio, l’assioma che accomuna ogni commensale presente con la guerra prossima alla fine, quel terrore a dirigere finalmente la quotidianità verso i lidi inesplorati che ogni animo deve avere al suo interno.
Così, dall’inizio alla fine, McDonagh non si schiera e non fa schierare gli utenti, certamente in bilico fra l’iniziale gentilezza, tenerezza ed insicurezza del Padraic devastato da un’amicizia volta al termine ma anche pavido, un po’ codardo ed infine squilibrato, e l’ardere improvviso di Colm, deciso a svoltare e virare in una nuova missione platonica: trasmettere e donare un piccolo segno di sé componendo e suonando violini!
Intorno a queste due macchiette iconiche previsioni buie, sortilegi da strega, poliziotti maneschi e figli ribelli e la saggezza di una sorella umana e profonda, una sorta di giudice altruista e caritatevole che vorrebbe riportare tutti sulla terra ma che invece trova (lei si) fortuna altrove poco prima che la pazzia detoni e i malefici previsti si impossessino dell’isola!