Emilia Perez (2025)

Il capolavoro definitivo di Jacques Audiard

Jacques Audiard conferma le proprie peculiarità, spaziando ancora più in là di quanto fatto nella sua sorprendente e visionaria filmografia.

Romanticismo intrinseco, immaginifici mondi surreali, criminalità, melodramma, multi etnia, gangsterismo, bianco e nero utopista e western d’avanguardia rappresentavano infatti i vari poster della sua eccentrica personalità artistica, a cui adesso si aggiunge una pietra miliare che in pratica chiude il cerchio a tutte le metamorfosi passate, un crossover fra dark comedy, drama, thriller e musical, l’ultimo Emilia Perez, film non in lingua inglese ad essersi accaparrato il maggior numero di nomination agli Oscar di sempre!

La storia è quella di Rita, qualificato ma sfruttato avvocato di un grande studio legale più incline alla criminalità che alla giustizia, che si trova spalancata dinanzi una via d’uscita tutt’altro che innocua e banale: aiutare il boss Juan Del Monte, leader del cartello Manitas, a sottoporsi segretamente ad intervento chirurgico per cambiare sesso.

Un piano questo, progettato da anni e col quale ricominciare finalmente daccapo una nuova esistenza ed esaudire il suo sogno primordiale.

Una trama che non può non attrarre, grazie pure alla performance trattenuta ed infine esplosiva di Zoe Saldana e soprattutto quella di Karla Sofia Gascon, temibile nello sguardo asfissiante e minaccioso di Juan, dolce e speranzosa nella veste di Emilia e malinconica durante le ibride posture fra le sue due anime.

Un’opera originale se ce ne è una, raccontata cantando le ingiustizie sociali e culturali, i sogni reconditi di chi si è macchiato dei maggiori crimini d’animo e desidera ripartire dai propri albori, modificando sessualità e quindi spirito, visione della vita e obiettivi futuristici.

Musica e coreografia corrono di pari passo, assieme ai viaggi, sia realistici nelle varie Tel Aviv o Bangkok di turno, che spirituali, delle due protagoniste, internamente a delinquenza e alla speranza di resettare per entrambe ciò che è stato e le ha deluse: un vivere seppur radicalmente diverso ma passato al servizio dell’irregolarità!

Masse manifestanti che ricoprono quartieri interi, sparatorie ed inseguimenti appaiati però a passioni e sentimenti forti decidono un lavoro importante nonché straziante che non può non colpire chi segue, e anticipano il sorprendente mutamento di un boss ferocie in una Madonna dei tempi moderni, per poi accompagnarlo nella sua vibrante escalation!

Classificare questo lungometraggio è perciò impossibile, e l’unica certezza che resta infine è l’attrazione con la quale lascia incollati allo schermo, partendo da un linguaggio difforme, nel quale lo spagnolo la fa da padrone, inchiodando in maniera adrenalinica a soccombere di fronte ad una transizione sessuale che genera pathos.

La passione di Juan/Emilia viene trattata in modo neanche tanto velato per omaggiare Almodovar, affiancandole però l’audace tecnica artistica di Audiard, che a mo’ di musical riecheggia un melodramma messicano, nel quale un uomo cambiato nel sesso non riesce però a modificare anima e indole, ingannare la sua novella vedova, sacrificare le proprie abitudini e soprattutto rinunciare ad affetti e sentimenti.

Di contro, l’integerrimo ruolo di Rita passa dall’iniziale e cantata arringa contro illegalità e corruzione a quella a favore, dimostrando quanto secondo Audiard non esistano giusti o innocenti.

Tutto ciò ci viene proposto in modo visionario, un moderno e alternativo pugno nello stomaco munito di espressioni furibonde ma mai di cattivo gusto, autorevoli e non retoriche, e con una potenza espressiva che lascia il segno e colpisce anima e corpo!

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