La Guerra in diretta
Sam Mendes, assieme al suo genio, si spoglia delle vesti di film maker da spy story, dopo le ultime esperienze per James Bond, e ritorna a farsi vivo in un epico lungometraggio dove debutta anche alla sceneggiatura. Importante questa specifica perché i testi da lui scritti non servono altro che ad esaltare una mitologica regia ansiolitica, straordinario successo dei tempi moderni, grazie alla quale il film raggiunge vette infinite e verrà rimembrato a lungo! 1917 infatti è una trasposizione istantanea di ciò che avviene nell’arco narrativo che permette allo spettatore di vivere in tempo reale l’angosciosa esperienza dei due protagonisti, per merito di un costante ed incessante piano sequenza, che li accompagnerà nelle quasi due ore di durata della loro missione!
Questa consiste nel raggiungere al più presto il colonnello Mackenzie, causa collegamenti telefonici saltati, e informarlo di una trappola delle forze tedesche, strategicamente ritiratesi ma pronte a sferrare uno sterminio al proprio reggimento, nel quale è fra l’altro presente pure il fratello di uno dei caporali. La location è il nord ovest della Francia, il Fronte Occidentale è la linea Siegfried Stellung, l’epoca è la fase decisiva e quasi conclusiva del Primo Conflitto Mondiale e i protagonisti sono Tom Blake e William Schofield, un egregio George MacKay, dal cui viso dipenderanno tutti gli umori e le paure del doloroso racconto.
La pellicola va agli Oscar colma di nomination, la maggior parte sacrosante, tranne forse quel che concerne appunto la sceneggiatura di Mendes e Wilson-Cairns, per i motivi già accennati, e cioè il mettersi in secondo piano rispetto alla camera da presa, ritraendo dei dialoghi esclusivamente trepidanti e affannosi tra i due soldati, tranne che per divagare nell’intercorsa e forse gratuita intimità durante le soste alle terre di mezzo. Infatti non è narrare una storia crudele e ai più conosciuta lo scopo preminente della direzione, che preferisce dunque temporeggiare sugli stati d’animo psicofisici di ogni figura presente, puntandoli quindi col proprio mirino, senza però scendere nei dettagli o in primissimi piani, affidandosi alle espressioni facciali anziché a prese di posizione vocali o inquadrature soggettive; questo avviene pure per l’eccellenza di un cast corale, che sebbene partecipi al grande evento marginalmente, riesce lo stesso a palesare le diverse menti governative che un’atroce guerra può generare, sia a livello militare che umano. Sono pertanto fermezza, disillusione cameratesca, onestà e giustizia, fame bellica e amore fraterno le caratteristiche che in ordine Colin Firth, Andrew Scott, Mark Strong, Benedict Cumberbatch e Richard Madden ci lasciano in eredità, nel corso della passeggiata infernale che William e Tom compieranno incontrandoli uno dopo l’altro!
Gladiatoria altresì è una regia senza rivali, che dovrebbe riportare a casa Mendes la statuetta vent’anni dopo l’iconico American Beauty, per lo sforzo profuso in un anno di prove e riprese, con l’obiettivo strabiliante nel pedinare da ogni angolazione i due giovani eroi, scortandoli da vicino in un tragico cammino gremito di tensione, paura, insicurezza e sfiducia, successivi a incontri ravvicinati con trincee, bunker, inneschi ed esplosioni, albatros in picchiata, pugnali e fiamme, affrontando l’impervio percorso fatto di terra, sassi, fango, ferro spinato, campagne abbandonate, mura dissestate e trappole ovunque, sopravanzando molteplici cadaveri inermi, in una magnifica natura ormai isolata, realistica grazie ad esterni anglo-scozzesi!
Il montaggio è un miracolo tecnologico inimmaginabile nei tempi andati, e porta il soggetto del film, minimale fra l’altro, a svolgersi in un persistente e ininterrotto frame, rendendo chi guarda protagonista al pari dei due valorosi ragazzi e complice diretto della truculenta avventura! Costumi, trucchi e vestiti rappresentano tangibilmente il periodo, unitamente a degli strepitosi effetti speciali e visivi, per non parlare del perfetto montaggio sonoro, oramai certezza del mainstream hollywoodiano. Magiche e segreto primario di tanta bellezza sono la luce mutevole che emana la fotografia del maestro Roger Deakins, e l’incessante musica di Thomas Newman, attesi all’Award dopo una quindicina di convocazioni!