Ripartire a 40 anni
Nomination al Gran Premio della Giuria e vittoria quale miglior regia nel Sundance Film Festival per questo delizioso spaccato di vita comune, che accerchia a sé tutte le sensazioni negative (?) che una donna di colore, non molto avvenente ma ricca di hype cerebrali, cerca di trasporre a metà della sua dubbiosa ed inesplosa essenza nel mondo artistico, circumnavigando pianeti cinematografici, teatrali e musicali nei meandri dell’hip hop da sobborgo newyorchese.
Colpo grosso ed efficacie ancora una volta per Netflix, ormai ampliatasi pure nei lungometraggi di nicchia, per merito di una favolosa pellicola grigia, partendo dalla sofisticata luce in bianco e nero, che annette inoltre ai drammi esistenziali di una 40enne di fronte a numerosi biforcazioni intellettivo/culturali e soprattutto intrinsechi da underdog, un sottofondo di meravigliosa positività, che lo spirito proattivo, raffinato e ricercato di un’artista poliedrica non può che generare.
Radha Blank buca lo schermo con la sua stravagante ed ingombrante presenza, raccontandoci se stessa e i propri tormenti interiori, muovendosi attorno a un gran numero di comparse stimolanti, che la aiuteranno con la soggettiva di una macchina da presa iper dinamica a descrivere tutte le iperboli dei suoi mondi d’autore.
Le avversità che hanno accompagnato la sua carriera da drammaturga la mettono nella difficile condizione di scegliere l’ultima via per la redenzione finale, in un’età nella quale l’ennesimo bivio che si sovrappone è probabilmente quello conclusivo, oltre al quale c’è la definitività del buio, depressione e scoramento.
L’attrice/regista impersona alla perfezione questa sensazione che ognuno ha provato almeno una volta nella propria realtà, chi prima (i più fortunati) e chi come la protagonista troppo tardi.
Il film ha il merito di esaltare la competitività interna dell’animo umano, spronando chi collettivamente ha fallito pure per un carattere al limite dell’eccessivo, a ricercare nell’io qualunque tipo di talento la vita non può non aver offerto.
E’ esattamente la creatività di Radha in molteplici campi la sua linfa vitale che le permette di risorgere dalle ceneri ad ogni fallimento: un messaggio assolutamente perentorio da passare in questo contesto storico, dove la ghettizzazione ed estromissione nei salotti sociali dei neri americani da playground li discosta da resurrezioni psicologiche, avvicinandoli verso lidi di perdizione e condanna.
Radha sopravvive così alle turbolenze di Harlem, districandosi tra insegnamenti di scrittura low fi per sostenersi l’affitto di casa, alla diplomazia di Archie (uno stupendo Peter Kim), agente/mentore/amico, con la quale abbassare di nuovo la testa e mettersi in fila ancora alle dipendenze di sceneggiature altolocate ma sotto padrone e a dignità dimezzata, fino a maneggiare droga per reinventarsi RadhaMSUPrime ed esplorare poi il magico mondo rap, che le permetterà di unire l’eccellente poliedricità a scrivere testi con la voglia di strillare rabbia accumulata.
In questo modo, la speranza quasi accantonata di ripartire a 40 anni ottiene la svolta tanto attesa, e se la fortuna continuerà a non bussare alla propria porta, la pace interiore adesso acquisita farà sì che la nostra eroina extra large inizierà una seconda vita fatta di resurrezione artistica e personale, quello a cui ogni individuo punta ad ambire!