“…la tua lingua è cruda come una macellaia/è rossa come una coscia” (Georges Bataille)
Justine ha 16 anni, è vegetariana e si è appena iscritta alla facoltà di veterinaria, frequentata anche dalla sorella più grande, caratterialmente opposta a lei.
Vittima di bullismo, comincerá a scoprire il suo corpo e le sue pulsioni più recondite e soprattutto il piacere per la carne, umana.
“Raw-una cruda realtá-” è una produzione franco-belga ,ed è ormai dai tempi dello straordinario “À l’intèrieur” di Bustillo/Maury che il miglior cinema dell’orrore è nelle sapienti mani dei francesi, e “Grave”, questo il titolo originale del film, ne è l’ennesima conferma.
La Ducournau fa sprofondare la sua protagonista in un quotidiano alienante fatto di bullismo, di strani riti di iniziazione e pregno di una violenza disturbata e disturbante che colpisce allo stomaco.
Non ci sono streghe, zombie, serial killer o bambole assassine in quest’opera prima che ha sconvolto il Festival del Cinema di Cannes nel 2016, “Raw” è un body horror dalla messa in scena geometrica e lineare, l’asciutto ritratto di un’ adolescente alle prese con svariate prove da superare per diventare adulta.
L’emancipazione dalla famiglia, il rapporto con l’estroversa sorella, la difficile integrazione nel mondo universitario e l’accettazione della sua natura.
“Justine o le disavventure della vrtú”, questo era il titolo di un romanzo del 1871 del Machese de Sade e Julia Ducournau lo cita palesemente.
Anche nell’opera di Sade la protagonista ha una sorella, Juliette, che è il suo opposto e proprio come nel film molte saranno le prove che metteranno a repentaglio le sue virtú, anche se nel film, a differenza del libro, Justine cederá ai suoi istinti in nome della presa di coscienza del suo vero essere.
“Raw” è pieno di momenti suggestivi che rilanciano costantemente il racconto, è costruito su sequenze viscerali che ne infettano e generano altre in una danza di carne, sangue, capelli, piscio ed escrementi di animali.
Julia Ducournau fa sua la lezione dei connazionali Maury e Bastillo e come loro fa della sua prima prova un mosaico di immagini realistiche e quasi documentaristiche, dove la narrazione è saldamente tenuta sotto controllo, così come la mise en scene, ma quello che distacca il cinema della regista da quello della coppia Bustillo/Maury è la forte caratterizzazione psicologica dei personaggi.
Scandalosamente mai distribuito nelle sale italiane,”Raw” fa impallidire la metà degli horror usciti negli ultimi anni.
“Ma che freddo fa”