IT – capitolo 2 è il seguito, e forse non l’ultimo, del capitolo primo, uscito nel 2017, sotto la direzione del regista Andy Muschietti.
Il gruppo dei perdenti si ritroverà a dover tornare nella loro cara e vecchia Derry dopo essere stati chiamati da Mike, per affrontare nuovamente Pennywise, come si erano ripromessi 27 anni prima. Nonostante la pellicola sia, per ovvie ragioni, incasellata nel genere horror, IT è molto più che un film dell’orrore volto solo a provocare paura e angoscia attraverso l’uso di jumpscares e la messa in scena di sequenza inquietanti. Questo film è un vero e proprio racconto di formazione che segue il coming of age dei suoi protagonisti, avvalendosi in questo specifico caso anche dell’uso di flashbacks, per accompagnare lo spettatore in una camminata nel viale dei ricordi, riportandolo all’estate in cui Pennywise venne temporaneamente rimesso in letargo. Questa crescita, nonostante i protagonisti siano oramai tutti verso la quarantina d’anni, non è terminata e forse non terminerà mai. Il coming of age, che solitamente riguarda i personaggi nella loro fase adolescenziale, è una tappa pronta a ripetersi più e più volte durante la vita di ognuno di noi, ponendoci davanti a delle sfide, affrontare ciò che ci impaurisce: noi stessi. Infatti, un altro tema centrale della pellicola è proprio la paura, ma non quella che un classico horror dovrebbe far provare agli spettatori, bensì la paura di noi stessi, di ciò che ci riguarda. A volte, preferiamo conoscerci poco, solo in superficie, rimanere nell’ignoranza, nonostante conosciamo benissimo ciò che temiamo. Ma la paura rimane lì, non si muove, è paziente, come un predatore pronto ad attaccare, quando meno ce lo si aspetta. Questo aspetto si traduce proprio nell’utilizzo dei jumpscares di cui, fortunatamente, non è stato abusato di continuo. Dunque, la paura e il conseguente superamento di essa, sono elementi essenziali nella crescita di ogni individuo. I nostri protagonisti, per quanto siano diventati adulti, non sono propriamente cresciuti, rimanendo attaccati a vecchie paure, come nel caso del malato di peste e di Eddie. Una menzione obbligata va al personaggio di Richie. Nel primo capitolo, quando gli viene chiesto di cosa abbia paura, lui ammette di essere terrorizzato dai clown. Ma ora, dalla visione del secondo film, sappiamo che la sua paura più grande è quella che gli altri scoprano quello che Pennywise chiama il suo “dirty little secret”, ossia il fatto che Richie sia gay e ciò lo porta a nutrire una malata omofobia interiorizzata. Richie ha paura in primis di sé stesso e di ciò che è. Così come Eddie: il lebbroso altro non è che la rappresentazione della sua paura per le malattie, nascondendo in realtà il disgusto che prova nei confronti del suo rapporto con la madre, al limite della Sindrome di Munchausen. Per Beverly era invece il padre ed i suoi ripetuti abusi, ma soprattutto il fatto che lei, la ragazzina forte e coraggiosa che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare, sia in realtà più fragile di quello che dà a vedere. I perdenti che subivano in continuazione soprusi e violenze, soprattutto da Bowers e la sua gang, sembra siano riusciti a riscattarsi, in molti hanno messo su famiglia e sono persone di successo nel lavoro, ma in realtà non è così, perlomeno non completamente. Rimanendo attaccati al passato, pur non ricordando gran parte del tempo trascorso a Derry, il riscatto non è completato, sono rimasti gli stessi bambini impauriti dalla loro stessa ombra. Questo punto di vista potrebbe essere anche una giustificazione ad alcune scelte estetiche e di tecniche CGI utilizzate, che in alcuni punti risultano essere fin troppo cartoonesche. Ma, alla fine, non vale per lo stesso Pennywise? Il clown è un mero pretesto, una personificazione dell’odio e della paura che ogni membro del gruppo prova nei confronti di sé stesso. Nonostante non si possa certamente definirlo un capolavoro, IT ha tanto da dare e da insegnare al genere horror, facendo sì paura e spaventando in alcuni momenti, ma nascondendo in piena vista tematiche molto reali, profonde e utili a lasciare qualcosa allo spettatore. Questa pellicola ti guarda e con il suo sguardo ti scruta, scavando dentro di te e facendoti rendere conto delle tue paure e di quanto tu ti senta piccolo e impotente di fronte ad esse. Ma tu, spettatore, devi diventare un perdente, devi abbracciare la tua paura, ballare un lento con lei e strangolarla fino a farla morire. Sii forte. Sii coraggioso. Sii un perdente.