Germania, oggi. Katja (Diane Kruger) è una donna tedesca sposata con Nuri Sekerci (Numar Akar), turco e con un passato in carcere a causa di una condanna per spaccio. Dopo la nascita del figlio Rocco (Rafael Santana), riescono però ad incominciare una nuova vita. Nuri, grazie ad una laurea in economia ottentuta durante gli anni della detenzione, apre un ufficio nel quartiere turco di Amburgo aiutata dalla moglie Katja che si occupa della contabilità.
Per passare un pomeriggio con la sorella incinta, Katja lascia Rocco nello studio da Nuri. Verso sera, Katja si trova davanti ad una tragedia che cambierà drasticamente la sua vita. Rocco e Nuri sono morti in seguito all’esplosione di una bomba posta davanti all’ufficio di Nuri. Ben presto si scopre che l’attentato è di matrice neonazista e aveva l’obiettivo di uccidere quante più persone di origine straniera. Grazie anche all’aiuto di Katja, la polizia riesce a fermare due sospettati dell’attentato. Nonostante tutti gli indizi siano fortemente incriminatori, la corte li dichiara innocenti per mancanza di prove certe della loro colpevolezza.
Sentendo si essere stata vittima di una grave ingiustizia e impaziente di ottenere la Sua giustizia, Katjia decide di andare a cercare i due sospettati dell’attentato in Grecia. Li trova e decide di compiere la sua vendetta.
Il regista tedesco di orgine turca Fatih Akin dirige un film che vuole evidenziare la pericolosità della crescente xenofobia che si sta diffondendo in tutta Europa. Lo fa con un film crudo, realistico che non fa sconti allo spettatore. L’obiettivo non è suscitare nello spettatore la lacrima facile ma farlo riflettere, mettendolo davanti al dramma che c’è dietro ad episodi di cui sentiamo distrattamente parlare al telegiornale.
Nulla viene educlorato ma anzi vediamo e viviamo insieme alla protagonsita tutto il suo dolore e senso di perdita. Scendiamo nel mondo di dolore della protagonista rimanendo lucidi davanti al dramma presentato.
La regia è asciutta, non c’è spazio per manierismi. Tutto è mirato a mostrare nella maniera più chiara possibile la tragedia raccontata. Il film è permeato da colori freddi e cupi. Soprattutto nella prima parte c’è una pioggia persistente simbolo di stravolgimento emotivo. Il sole ritorna durante il processo. Ma la luce è fredda, il tribunale è asettico e le emozioni quasi stridono con l’ambiente mostrato.
I personaggi di Katja e Nuri, sebbene vittime di un evento sconvolgente, non sono dipinti come martiri. I protagonisti hanno le loro luci e ombre, i loro buoni e cattivi sentimenti. Il regista non li giudica ma li descrive semplicemnte come esseri umani che stanno cercando di sopravvivere ad una tragedia.
La musica riesce a sottolineare in maniera efficace e mai invadente le scene del film. Ottimo l’utilizzo delle dissonanze delle scene più crude e tragiche, come lo scontro in tribunale tra Katja e i due sospettati.
La straordinara performance di Diane Kruger, vincitrice a Cannes per la miglior interpretazione femminile nel 2017, è fondamentale per la buona riuscita del film. Protagonista che riesce a risaltare anche grazie ad un cast di contorno credibile e di buon livello.
Film da vedere per riflettere in maniera lucida e critica su un veleno silenzioso che dobbiamo cercare di combattere prima che sia troppo tardi.