Decisamente un film da rivedere, proporre e mettere in lista!
Regia di Paolo Sorrentino, con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten.
THIS MUST BE THE PLACE è il titolo di uno di pezzi dei Talking Heads il cui testo dice ”Guess that this must be the place”, ”Sento che questo dovrebbe essere il posto”, sintesi concisa di un ritorno a se stessi nel luogo che sentiamo adatto. Sensazione familiare, qualcuno penserà.
Equilibrata la mediazione tra il film che convince il cultore e l’amante del cinema occasionale incuriosito dal manifesto.
La storia ruota attorno ad una rock star ma la vita dell’artista è solo al margine. Punto centrale dell’intreccio diventa l’uomo con la sua consapevolezza sottile ma semplice di aver camminato e prosperato nell’incoscienza e di aver esteso questa insensatezza intorno a sè,oltre che dentro di sè.
Ritiratosi nella sua grande casa a Dublino in compagnia di sua moglie, l’uomo raggiunge New York alla notizia della morte di suo padre sopraggiunta senza che mai i due avessero costruito una qualche forma di rapporto reale. Il viaggio si rivela l’input per la propria ricerca personale attraverso la continuazione della missione di quello stesso padre sconosciuto, da sempre in cerca di riscatto per le umiliazioni subite in gioventu’ in un campo di concentramento. Cheyenne si isola dall’ordinaria vita di sempre, letteralmente sospende tutto e pensa a sè stesso, continua a viaggiare senza ritornare a casa da sua moglie, persegue l’obiettivo di suo padre muovendosi tra tacito dovere e fremente volontà e accumula tutta una serie di momenti di lucidità ponendosi faccia a faccia con i propri limiti.
Un personaggio costruito magistralmente su molti silenzi, poche le battute e centratissimi i colori della personalità di Cheyenne, il cui nome dal suono tanto gentile, bene concilia i toni dell’intero sottotesto. Sorrentino riesce a scavare con lo scalpello un personaggio che nel suo presentarsi discutibile, offre molte piu’ ricchezze di qualsivoglia normalità apparente. E sostanzialmente piace a chi lo guarda.
Non si scade mai nell’eccesso e i toni si rialzano continuamente oscillando tra momenti decisi e slanci di spirito cuciti addosso al protagonista. Disarmanti le effusioni del personaggio, che riesce a dire tutto con poco e sempre con una risolutezza cicatrizzante. Sean Penn si dimostra sempre all’altezza delle aspettative, una unità del personaggio perfetta, che non si perde nel passaggio dall’uomo bisognoso delle proprie maschere all’uomo che lascia il guscio definitivamente alle spalle.
Non consiglierei questo film a chi ha sete di trame avvincenti o in cui sono le azioni a descrivere il film stesso.
THIS MUST BE THE PLACE resta un’opera introspettiva, che fa centro nelle persone che penetrano la psicologia del film e non solo i suoi avvenimenti interni. Una sola critica negativa posso farla sul ritmo, è lento nella prima parte. Ma il succo è tutt’altra storia e stringerei l ‘occhio a chi lo ha apprezzato, anzi, in segno di complicità citerei il sorrisino stentato di Cheyenne che tanto ha fatto sorridere il pubblico.
Mariangela Caputo