Chi non ha sentito, almeno una volta nella vita il celebre romanzo di Charlotte Bronte: ”Jane Eyre”? La storia di un’orfana che riesce a crescere con le sue sole forze combattendo contro le avversità della vita. Una delle storie che a suo tempo, hanno commosso milioni di lettori.
Per questo motivo, ispirato da una tanto toccante vicenda, Franco Zeffirelli mette su questa pellicola. Del 1996, questo film è frutto di una coproduzione britannica, francese e italiana e riscontriamo una notevole fedeltà con il romanzo della Bronte, nonostante alcuni tagli e piccoli cambiamenti nella seconda parte della pellicola.
Orfana e povera, Jane Eyre trascorre l’infanzia con una zia crudele e la giovinezza in un istituto con una preside perfida che la prende in odio. Cresce chiusa, abituata all’infelicità, ma anche molto orgogliosa e sensibile. Finalmente trova un impiego come istitutrice in un’imponente casa di campagna di proprietà del misterioso Mr. Rochester. Jane, che non è bella né vivace, si innamora di quest’uomo triste che sembra nascondere qualche oscuro segreto.
Franco Zeffirelli distilla l’essenza sentimentale, soffermandosi sui passaggi a effetto (la morte dell’amica di Jane, la pazzia della moglie di Mr. Rochester, l’agonia della zia cattiva, l’incendio del castello), sui costumi, perfino premiati per la perfetta riproduzione degli abiti del periodo storico descritto nel romanzo.
Tutto in questo film è impeccabile, nulla noioso e ripetitivo, originale nonostante si tratti di un rifacimento di un celebre romanzo.
I personaggi sono assolutamente grigi, rigidi, fin troppo moralisti, non sono quegli eroi senza macchia e senza paura, fieri, algidi e orgogliosi come quelli della Asuten, nè ironici come i protagonisti dei romanzi Settecenteschi, i cattivi non sono dannati e perseguitati, con l’ossessione del male, semplicemente per il fatto che bene e male si confono, si fondono e diventano un tutt’uno.
Ognuno ha la sua storia fatta di piccole e grandi sofferenze, fatta di repressione, proprio come si usava al tempo (piena epoca Vittoriana). Lui è un uomo decisamente privo di carattere, lei è bruttina ed insignificante, insomma, ci si chiede, che cosa può trasmettere un film del genere? Come può piacere? Eppure amano, vivono, sognano, sperano… in modo diverso dalla nostra abitudine ma con altrettanta passione e con molto sentimento.
La natura che li circonda incarna la loro battaglia interiore, quello che non dicono e non fanno e i pentimenti per ciò che non hanno né detto né fatto, comportamento da cui forse Lizzie Bennett ed Emma Woodhouse dovrebbero imparare qualcosa.
Il cielo della brughiera come gli occhi persi di chi riflette sulle proprie scelte, i prativerdeggianti coperti di pioggia e sferzati dal vento come l’animo di questo protagonisti, non arido come si potrebbe credere, ma vivo, fiorente, eppure costretto e segnato dalla vita come il terreno e le piante lo sono dagli agenti atmosferici.
E anche l’erica, piccola, semplice, un tocco di colore in un mare senza fine di verde, è la speranza, l’amore che questa Jane e questo Mr Rochester provano l’uno per l’altra, vissuto intensamente, ostacolato più dalla staticità che dal susseguirsi degli eventi.
Una Charlotte Gainsbourg giovanissima che rende finalmente giustizia al personaggio dell’autentica Jane Eyre, per la sua inconfutabile drammaticità ed espressività, per la sua capacità di immedesimarsi nel personaggio interpretato e nelle situazioni che vive.
Quindi, a mio parere, fra le tante versioni riprodotte al cinema, del romanzo della Bronte, questa è in assoluto la migliore, per appassionati di film in costume e non.