Piccole Donne (2020)

Piccole ma sempre Grandi

Jo, Meg, Beth e Amy tornano ad appassionarci grazie al film di Greta Gerwig, ultima regista e scrittrice a portare in trasposizione ed adattare il bellissimo romanzo di Louisa May Alcott al cinema, in fondo a una lista capeggiata da George Cukor, Sarah Y. Mason e Victor Heerman, questi due premiati poi nella notte degli Oscar 1934.

Con Piccole Donne la giovane direttrice e attrice si ripete dopo lo strepitoso e sorprendente Lady Bird, nel quale, quasi al debutto, cedette lo scettro delle operazioni all’ormai certezza Saoirse Roman, oggi elite dello star system hollywoodiano e riscoperta – grazie appunto alla Gerwig – pure artista polivalente, capace di abbandonare le sembianze angeliche e prettamente romantiche e imporsi come personaggio sbarazzino e ricco di leadership.

E’ lei infatti la tanto amata Joe, icona giusta e ribelle del proscenio femminile, accompagnata da un cast di interpreti straordinarie del calibro di Emma Watson, Florence Pugh, Laura Dern e Meryl Streep, loro al solito impeccabili nell’emettere sincerità, onestà e altruismo di mamma Marmee e severità a fin di bene della vecchia zia March. Positiva anche l’emergente Eliza Scanlen nell’impersonare la dolcezza e fragilità della piccola Beth.

Risulta ottima la sceneggiatura della regista, che riesce a riassumere in poco più di due ore una scrittura importante per ogni protagonista presente, mantenendo alto il livello qualitativo che divi come Chris Cooper, Tracy Letts, Timothèe Chalamet, James Norton, Bob Odenkirk e Louis Garrel possono trasmettere. Ognuno di loro difatti, chiude il lavoro con la legittima gloria che il proprio ruolo merita, omettendo però e per forza di cose di trattare la totalità degli aneddoti che il libro presenta.

Il prezzo da pagare è una regia un po’ piatta, che rimane in disparte di fronte ai tanti monologhi fatti di sogni, obiettivi e voglia di emergere da un mondo ristretto per ognuna delle quattro sorelle e le frequentazioni di supporto che man mano si fanno avanti, in un (quello si) apprezzato mix di flashback e scene nel presente che servono per spezzettare l’arco narrativo.

Scelta azzeccata e ovvia, vista la necessità prioritaria di ricapitolare un copione conosciuto ma stracolmo di climax ed effetti a sorpresa, che dunque supera l’esigenza di sofisticati dettagli da cinepresa.

La Gerwig conclude perciò una bella opera di sintesi, aiutata inoltre, a parte il già accennato nuvolo di stelle in recitazione, bravissime tutte a non andare fuori dalle righe per mantenersi le une paritarie alle altre, anche dalle musiche del formidabile Alexandre Desplat, esemplari per ritrarre la difficile epoca (fine ‘800), e dai realistici costumi di Jacqueline Durran, apprezzata in numerosissimi successi in maschera.

Il lungometraggio mantiene dunque le peculiarità del mitico romanzo, conseguendo il risultato di emozionarci per le innumerevoli doti umane che la famiglia March traspone nel nostro animo, esaltando splendidamente l’universo femminile, sempre più stoico e tollerante verso povertà e vita di stenti, se a sopravanzarli siano amore, altruismo e fiducia per il prossimo bisognoso di appoggio!

Scrivi un commento

Powered by WordPress | Web Concept by: Webplease