Film drammatico diretto da Steven Spielberg, che vede come protagonista indiscussa l’attrice e produttrice cinematografica statunitense Whoopi Goldberg. A mio parere la pellicola è una delle migliori interpretazioni drammatiche della Goldberg, espressiva al massimo e che comunica allo spettatore i propri stati d’animo.
Tratto dal romanzo omonimo di Alice Walker, premio Pulitzer nel 1983, tratta solo apparentemente il problema della questione razziale, in quanto i protagonisti sono gente di colore che vive in Georgia agli inizi del novecento, ma Spielberg non si è fermato qui.
Ha superato il luogo comune dell’uomo di colore sfruttato ed emarginato dalla comunità bianca e ha raccontato una condizione di discriminazione che non ha differenze fra bianchi e neri: la vita femminile. Il viola è il colore di un campo di fiori, ma è anche il colore delle donne che popolano il paesino dove finisce a vivere Celie (Whoopi Goldberg), è il colore della libertà agognata e pretesa.
Con l’alternarsi di passaggi forti e delicati, viene raccontata la vicenda di Celie, che non è altri che la vicenda di tutte le donne che le vivono attorno, in una sorta di sfilata di personaggi diversi, affascinanti, che portano sul corpo le cicatrici dei loro drammi individuali.
Anche i personaggi solo apparentemente più liberi come Shug (Margaret Avery) ed emancipati come Sophia (Oprah Winfrey), sono afflitti da profonda solitudine o vengono schiacciati dalla società circostante. Tuttavia Spielberg (chi conosce questo grande regista, comprende la scelta) lascia speranza e da spiragli per il futuro alle protagoniste.
In Georgia, nei primi anni del Novecento, Celia, una adolescente di colore, viene violentata da quello che ritiene sia suo padre e dà alla luce due figli che le vengono portati via. L’uomo la cede in sposa ad Albert, un vedovo con quattro bambini, di colore anche lui, uomo violento e manesco.
A Celia non resta che l’affetto per Nettie, la sorella minore, che un giorno si presenta a casa sua in cerca di ospitalità e aiuto. Ma Celia non è che una schiava, disprezzata e maltrattata dal marito che comincia ad insidiare Nettie. Respinto con forza dalla cognata, Albert la caccia di casa e a Nettie non resta che promettere alla sorella di scrivere.
Albert nasconde per anni le missive di Nettie, mentre Celia continua a condurre la sua misera esistenza. Tuttavia, alcune svolte inaspettate attendono la protagonista della pellicola, incontri che cambieranno irrimediabilmente il suo destino rendendola finalmente felice…
Steven Spielberg si distingue, ancora una volta, per l’eccezionale ricostruzione storica, la maestria nell’alternanza di ambienti interni dettagliati e paesaggi esterni, luminosi e colorati (oltre che ovviamente per i vari personaggi che compaiono nella pellicola).
Qui la Goldberg era agli esordi, ma nonostante si potesse ritenere ancora ”acerba” in campo cinematografico, vince il Golden Globe come migliore attrice, meritatissimo, in quanto è riuscita a far emozionare più di ogni altro personaggio con la sua espressività e bravura.
La ricchezza espressiva permette al suo personaggio di esprimersi con poche parole e di coinvolgere lo spettatore con lo sguardo ed un sorriso appena accennato.
Gran bel film, come d’altronde ci si poteva aspettare da un grandissimo regista come Steven Spielberg.