L’omaggio di Coen al teatro di Shakespeare
Joel Coen si distacca dal fratello per omaggiare nel modo più magniloquente possibile il teatro di Shakespeare, riproponendo anch’egli dopo numerosi esperimenti altrui la tragedia spirituale di Macbeth.
In questo eccezionale saggio di cinema teatrale il geniale cineasta si toglie moltissimi sfizi, ossequiando la declamazione poetica dell’iconico drammaturgo inglese e la cinematografia dei maestri del passato, rimembrando con riprese cupe e ostili la camera di Bergman, Kurosawa, Welles e Bela Tarr.
Inoltre, ad una mescolanza così sopra le righe e pretestuosa, Coen aggiunge eccome lo stile che lo ha reso celebre assieme ad Ethan, raggiungendo quindi un risultato stratosferico e l’apice per pathos e climax.
Fra i sodali e aficionados di famiglia che innalzano quest’opera a vette infinite non potevano mancare la musica di Carter Burwell, turbante e sovvertente dall’inizio alla fine nell’accompagnare la progressiva pazzia del protagonista, la fotografia di Bruno Delbonnel, uno splendido bianco e nero scarno in prestanza e vigoria e perciò tragico e luttuoso, ed infine l’acting introspettivo di sua moglie Frances McDormand, Lady cinica e cattiva consigliera prima ed eccentricamente dissennata e irrazionale poi.
Denzel Washington dà sfoggio a tutta la propria maestria per interpretare il novello e inedito Lord Macbeth, simbolo del progresso black, conservando costantemente un’effige decisionale folle e stravagante allorquando sentenze e ordini vengono commissionati ai sottomessi di turno.
Infine, una scenografia arcaica incute orrore ad un’opera che più recitata non poteva essere, dimezzando e restringendo quindi la narrazione al minimo, per ampliare l’effetto palco e restare il più vicino possibile all’originale e fedele ai dogmi di Shakespeare, come se a dirigere fosse lui stesso in persona.
Tutti questi ingredienti rendono tale lavoro spaventoso, viscerale ed ansiolitico senza alcun tipo di sosta, perdonando perciò e come detto un arco narrativo un po’ troppo asettico nell’impazzire quasi istantaneamente la psiche di Lord e Lady Macbeth.
La brama di potere, le crescenti paranoie e le ripugnanti visioni sotto forma di streghe rivelatrici del primo, unite alla perfida e subdola intercessione della seconda, condurranno il re a tutti i costi e i suoi cari a cadere tragicamente nell’oblio e discendere verso gli inferi.
Joel Coen riesce nella doppia impresa di restituire nerbo e vigore all’opera classica più famosa e riprodotta al cinema, giocando sulla perfezione di inquadrature ombrose anzichè lucenti, per regalarle fascino e ambiguità, senza perciò risultare apocrifo, ed inoltre attestare la propria grandezza come regista e sceneggiatore mai convenzionale, lontano da mainstream e buonismi ipocriti, marchiando col suo inconfondibile tocco perfino un’emblema pluricentenario.